“Memorie di un parto cantato”
Bruce Chatwin nel suo diario di viaggio in Australia Le vie dei canti, ci racconta che gli uomini del tempo antico percorsero tutto il mondo cantando; cantarono i fiumi e le montagne, le dune di sabbia e le saline. Andarono a caccia, mangiarono, fecero l’amore, danzarono, uccisero e in ogni punto del loro cammino lasciarono una scia di musica.
Avvolsero il mondo intero in una rete di canto e così lo fecero esistere. Queste “vie dei canti” sono rimaste sulla terra come vie di comunicazione tra le tribù aborigene più lontane, l’Australia intera può essere letta come uno spartito musicale. Si credeva che un Antenato, mentre percorreva il paese cantando, avesse lasciato sulle proprie orme una scia di cellule di vita, o bambini spirito. Una specie di sperma musicale.
Il libro di Elena Skoko Memorie di un parto cantato.Una nascita gentile con Ibu Robin Lim ha come filo conduttore il canto, e leggendolo ho pensato spesso a questo racconto di Bruce Chatwin.
Questo libro è la sua storia, da quando non le passava nemmeno per la mente di fare un figlio perché le faceva paura, all’incontro con l’uomo che le ha fatto decidere di procedere verso l’ignoto, fino alla gravidanza e alla nascita della figlia.
Si diventa madri attraverso una lunga metamorfosi fisica e interiore, gestazione di una nuova vita e di sé stesse al contempo, ed è bello seguire Elena nel suo cammino in questo territorio sconosciuto; ogni giorno è un nuovo principio per lei e vi si butta a capofitto. Per attraversare questa trasformazione si è messa in ascolto della metamorfosi in atto ed è andata per tentativi. Dal momento in cui si è scoperta in gravidanza, si è resa conto di non averne mai saputo quasi nulla, ed è stata afferrata dalla febbre bibliografica. E’ diventata vorace, ha trangugiato libri su libri, ha saccheggiato il web e infine ha riversato il sapere accumulato in queste pagine, mescolando un accurato compendio sulla cultura che si è fatta sull’argomento alla narrazione del suo percorso più intimo.
Elena è una donna moderna e libera, una con il rigore delle piccole pioniere di Tito, quale era da piccola, cresciuta però quando nel suo paese non c’erano più certezze, e dunque è abituata a mettere tutto in discussione. E’ disincantata ma innamorata dell’incanto, ha provato tutte le strade possibili prima di trovarne una che la convincesse, che le permettesse di passare la gravidanza e infine partorire a modo suo, secondo il suo sentire. Passo dopo passo, ha fatto quello che la faceva sentire tranquilla, che la rassicurava, sperimentando le sue paure, i suoi pregiudizi, i suoi limiti e il suo coraggio.
E’ un racconto appetitoso, gonfio di sensualità, di erotismo, di curiosità, di slanci, di pazzie, di ingenuità, di allegria. Parla di piacere, di ozio goduto, di corpo sensibile. Canta perché le piace cantare e mangia perché le piace mangiare.
Ad un certo punto di questa avventura ha conosciuto a Bali Ibu Robin Lim, ostetrica eroica e leggendaria che Elena descrive come “una tigre nelle vesti di un’esile e simpatica hippy cinquantenne”. E’ questo incontro a farle decidere di partorire a Bumi Sehat, la clinica fondata da Ibu Robin in un villaggio rurale dell’isola, dove si è sentita accolta con semplicità e calore. Finalmente ha trovato l’accordo giusto e tutto si è srotolato con naturalezza, perché non c’era bisogno di spiegare niente. Questa donna minuta, che si prende cura di tutti e dispensa generosi “I love you”, era in perfetta consonanza con il suo sentire: “Ogni nascita coinvolge sia il mondo visibile che quello invisibile. E’ un’opportunità per l’invisibile di intervenire brevemente ed essere servito con adeguato rispetto. Dopotutto la venuta al mondo è il momento in cui si apre la porta tra i mondi”.
Elena ha travagliato, e infine partorito, cantando. Ma nessuno si aspetti vocalizzi mistici emessi nell’austera posizione del loto: Elena è una rockstar, una succulenta Marylin bionda e tatuata, l’incarnazione imponente e feconda di una guerriera slava, come l’ha definita un amico.
La sua è una vicenda non usuale, direi anzi decisamente originale. Eppure ciascuna donna che legga il suo racconto potrà riconoscere, ritrovare qualche pezzettino di sé, pur se di figli non ne ha fatti mai.
Narrare e ascoltare storie sono sempre stati bisogni fondamentali di noi umani, dalla notte dei tempi. Però, tra le storie che si raccontano sono rare quelle che narrano la nascita e che si soffermano proprio sul momento del parto, quasi considerassimo il momento del nostro principio poco importante. Quando succede di poterne ascoltare una, è sempre un grande dono che si riceve. Ascoltare la storia di un parto ci permette di immedesimarci, di sentire, di entrare nella concretezza del coraggio necessario alla madre e al figlio, della vulnerabilità inevitabile, della paura che artiglia la carne, della furia delle forze in atto.
Una storia arriva dove nessuna teoria e nessun discorso astratto potrà mai arrivare.
Marzia Bisognin